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Suwari waza

 

In Giappone è tuttora viva l'usanza di sedere al suolo piegati sulle ginocchia, ai tempi dei samurai era la regola, poteva quindi capitare di venir attaccati in quella posizione, pertanto il suwari waza (tecniche in ginocchio) aveva un suo valore pratico. Ora quell'aspetto è sicuramente superato, soprattutto per noi occidentali non avrebbe mai avuto ragione d'essere. Come del resto non avrebbe senso neanche lo studio dell'uso della katana, in quanto difficilmente in caso di aggressione avremmo una katana a disposizione, senza considerare che oggi è superata dalle armi da fuoco di solito meno ingombranti e più efficaci. Perchè dunque affrontare lo studio di qualcosa che non ci potrà mai servire? Per continuare una tradizione? Già questo motivo per un appassionato di arti marziali sarebbe sufficente ma non si tratta solo di questo. La pratica del s.w. come quella dell'aikiken ha un' irrinunciabile valenza didattica. Il s.w., nello specifico, rappresenta uno strumento utilissimo per migliorare la stabilità negli spostamenti anche nelle tecniche in piedi. Per spostarsi ed eseguire una tecnica in posizione kiza è indispensabile l'uso delle anche, delle quali, nell'ambito delle arti marziali, conosciamo bene l'importanza. Fare buon uso delle anche significa spostare il proprio baricentro sfruttando al massimo il proprio peso. Un buon allenamento in s.w. sarà quindi di  grande aiuto nella pratica in tachi waza (tecniche in piedi).

 

Come si esegue:

partite dalla posizione kiza cioè seduti sui talloni con le ginocchia piegate poggiate sul tatami e i piedi sulle punte con le dita a martelletto, assumete ora la posizione di sankaku cioè a triangolo col ginocchio sinistro nella direzione in cui avanzerete e il destro in direzione laterale destra a formare un angolo di 90 gradi. Avanzate il ginocchio destro che si porterà avanti nella direzione di marcia mentre il sinistro farà da perno, avanzate poi con il sinistro e così via.

Inizialmente tenderete a portare tutto il vostro peso sul ginocchio che fa da perno per poter avanzare con l'altro. Così facendo vi sposterete ondeggiando in maniera goffa, sbracciandovi, a destra e a sinistra per non perdere l'equilibrio. Per evitarlo dovrete concentrarvi sul movimento delle anche e mantenere il più possibile il vostro peso al centro cioè facendo oscillare al minimo il vostro baricentro mantenendolo all'interno del vostro hara ( basso ventre), in questo modo il ginocchio che avanza non si dovrà sollevare troppo dal tatami, ciò renderà la vostra azione estremamente veloce e stabile. Il piede arretrato dovrà seguire il corpo nel movimento rimanendo sempre vicino al piede della gamba che avanza. Con le braccia rilassate lungo il corpo, appoggiate i palmi delle mani sulle cosce naturalmente, in modo da abituarvi a non utilizzare le braccia per mantenervi in equilibrio, anche  perchè durante le tecniche dovrete usarle in altro modo.

Durante gli spostamenti in s.w. sotto attacco le braccia vanno tenute in posizione di guardia, pronte ad entrare in azione.

Per aquisire un buon portamento in ginocchio è indispensabile una lunga pratica, soprattutto per noi occidentali.

Le prime volte potrete indossare delle ginocchiere elastiche non imbottite che vi eviteranno fastidiose escoriazioni, anche se potrebbero  dare fastidio nella parte posteriore per le pieghe che si formano. Comunque dopo le prime volte non avrete più problemi e potrete affrontare anche allenamenti prolungati.

Allenatevi con costanza nell'avanzare e successivamente nell'indietreggiare e in tutti gli altri spostamenti, nell'esecuzione delle tecniche sia in suwari waza (tori e uke in ginocchio) che in hanmiandachi waza (tori in ginocchio e uke in piedi) e nel randori.

Sotto il profilo pratico il s.w.può essere un valido espediente per garantire la sicurezza dei praticanti in caso di sovraffollamento del tatami.

                                                                                                                                                                          Franco Ceresini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il kamae

Il kamae è la posizione di guardia.
L'Aikido adotta la posizione di sankaku (triangolo), così chiamata per la posizione dei piedi appunto a triangolo, questa può essere migi hanmi o hidari hanmi cioè guardia destra o sinistra e può essere ai hanmi o gyaku hanmi in rapporto al kamae dell'avversario: gyaku è a guardie contrapposte cioè destra-sinistra o sinistra-destra, ai hanmi è destra-destra o sinistra-sinistra.
Tra le differenze che distinguono il kamae dell'Aikido dal kamae di altre arti marziali salta subito all'occhio la naturalezza della posizione che consente gli spostamenti in tutte le direzioni.
 
Analizziamolo ora nei dettagli partendo dalla posizione dei piedi.
Come ho già accennato i piedi sono posti a triangolo, in hidari hanmi il piede sinistro sarà rivolto con le dita in avanti, ma più nel dettaglio con l'alluce direzionato in avanti mentre il piede destro avrà il mignolo direzionato verso destra.
I piedi sono relativamente ravvicinati tra loro, a circa un piede e mezzo di distanza. Questa distanza piuttosto ridotta ci consente una maggiore velocità negli spostamenti, infatti per spostare un piede dobbiamo portare il nostro peso sull'altro che è quello che facciamo normalmente quando camminiamo.
Pertanto, se tenessimo i piedi molto distanti, saremmo molto più lenti negli spostamenti. 
Le ginocchia sono leggermente piegate e reattive, dirette nella medesima direzione dei piedi.
La posizione delle anche è condizionata da quanto finora detto e il nodo della nostra cintura si troverà direzionata leggermente verso destra.
Il busto eretto.
Le braccia distese in avanti, la sinistra con la mano all'altezza del torace, la destra con la mano all'altezza della cintura.
I gomiti sono leggermente piegati.
Le mani con il tegatana rivolto in avanti con le dita leggermente divaricate.
Lo sguardo alto, gli occhi devono avere una visione di insieme senza mai focalizzarsi su alcun particolare.
Il corpo in generale deve essere sempre rilassato, mai contratto ma sempre ricettivo, pronto a rispondere d'istinto ad ogni tipo di attacco.
Io dico spesso che l'atteggiamento mentale deve essere quello di accoglienza per poter controllare l'avversario anche prima di essere attaccati.
Un atteggiamento di chiusura comporterebbe un contrasto che renderebbe impossibile la realizzazione di un efficace musubi, in altre parole annullerebbe la possibilità di armonizzare la propria energia con quella dell'avversario. 
In pratica ci vuole armonia anche tra il nostro attegiamento mentale e la nostra postura.
Vorrei aggiungere che ognuno deve trovare il proprio kamae seguendo certo queste regole ma adattandole al proprio fisico ed alla propria persona.
Si potrà ritenere di aver trovato il proprio kamae solo quando ci si sentirà sicuri e sereni nell'affrontare gli attacchi.
Per concludere ritengo sia più importante l'atteggiamento mentale con il quale si affronta un attacco che non la posizione del corpo, anche se l'uno può in un certo qual modo condizionare l'altra e viceversa.
     
                                                                                                                   Franco Ceresini

Musubi

La parola musubi ha significato di unione, armonia.

Nell'aikido si intende il modo di affrontare un attacco, in senso puramente tecnico, consiste nell'unione

dell'energia dell'avversario con la nostra per poi indirizzarle in nostro favore. Si può
intendere anche in modo più esteso: unione con le forze dell'universo.
In effetti nell'eseguire una tecnica di aikido, oltre all'energia di ukè e torì, si sfruttano anche altre forze.
Se per esempio proiettiamo il nostro ukè sfruttiamo la forza gravitazionale, se lo proiettiamo dopo averlo

fatto ruotare con un tenkan abbiamo usufruito dell'energia centrifuga.
Una cosa da tenere ben presente è che per poter sfruttare al meglio le energie che governano il movimento

dobbiamo cercare di essere recettivi.
Dobbiamo coltivare la sensibilità che ci consente di avvertire l'energia.
Per ottenere risultati soddisfacenti in questo senso è indispensabile ricevere l'attacco senza alcuna

rigidità, con un atteggiamento di apertura, di serenità e di accoglienza. Se ci irrigidiamo per timore

dell'attacco o ci mettiamo in contrasto, non potremo creare musubi e la nostra tecnica mancherà di efficacia.                  


                                                                                                            Franco Ceresini

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